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lunedì 24 settembre 2012

Il castello di Ragusa Ibla


L'ANTEFATTO
Nell'anno 1881, il 12 maggio, nella casa comunale di Ragusa Inferiore il Sindaco Giacomo Capodicasa presiede il Consiglio riunito per la sessione di primavera. All'ordine del giorno al punto n.51 c'è una petizione di un gruppo di cittadini residenti nel quartiere denominato "Castello Vecchio" che chiedono all'Amministrazione di "aprirsi una strada di comunicazione interna col punto detto Castello Vecchio".
"Il Consiglio, considerando che una strada di comunicazione agevolerebbe l'aumento dei fabbricati, atteso che il suddetto punto è molto proficuo alla pubblica igiene, perché in punto più alto di questi fabbricati, agognato da molti cittadini per fabbricarvi case, e che attualmente non lo possono per manco di strada di comunicazione, unanimamente delibera darsi incarico, come lo dà, alla giunta municipale, di ordinare gli studi opportuni a persone dell'arte per conoscersi se puossi o no sviluppare la strada suddetta e, nello stesso tempo, valutare la spesa preventiva, riferendo il tutto al Consiglio per il dippiù a deliberare".
Inizia così la lunga e complessa storia del Castello Vecchio e di tutte le vicende che fecero Ibla quale oggi vediamo, e che trovò conclusione nella seduta del 1 marzo 1914 con la ratifica dell'accordo tra l'amministrazione comunale, Sindaco l'avv. Giovanni Ottaviano, e la famiglia Arezzi, per la questione del cavalcavia sulla piazza Duomo.
L'iter della vicenda percorre uno spaccato di vita cittadina che merita un'attenzione particolare per le numerose e insospettabili connessioni che ne uscirono fuori.
Un evento lontano nel tempo, il terremoto del 1693, oltre che distruggere quasi per intero Ragusa, innescò una serie di avvenimenti apparentemente slegati l'uno dall'altro, che si svolsero per più di due secoli fino a far precipitare i difficili equilibri raggiunti tra le varie componenti della società iblea, alterando la situazione socio-economica esistente, sino al punto di rottura.
La collina di Ibla alla fine dell'800
Le due comunità che costituivano la Ragusa di quei tempi, riconducibile all'attuale Ibla, facevano capo alle parrocchie di San Giorgio e di San Giovanni. Il parroco di San Giorgio portava anche il titolo di San Giovanni e lui solo amministrava rendite, censi e privilegi. Gli interessi economici sottratti al controllo dei Sangiovannari, erano stati ed erano continuo motivo di scontro e di opposizioni. Questi ultimi per la loro parrocchia volevano un parroco autonomo e lo scorporo dei beni dal calderone comune.
Su questo erano d'accordo tutti: nobili, clero e popolo.
Il tessuto sociale dei Sangiovannari era composito e ben strutturato, e nulla aveva da invidiare a quello dei Sangiorgiari.
Non è vero, infatti, che la nobiltà stava tutta nel quartiere dei Sangiorgiari e il popolino minuto nel quartiere di san Giovanni. Attorno a San Giovanni e nel quartiere degli Archi abitavano famiglie nobili di primissimo piano, prima tra tutte quella dei La Restia, potente signoria legata alla Curia Romana e ai vicerè spagnoli. Vi abitavano anche le famiglie Bertini, Cosentini, Nicastro, Tomasi e tante altre. I Tomasi e G.B.Hodierna partirono da Ibla per fondare Palma di Montechiaro. A Paolo La Restia si deve, poi, la partecipazione alla fondazione di Vittoria, la cui costruzione lo ridusse, in seguito, in miseria.
Il sisma diede ai Sangiovannari il pretesto di mutare questa situazione, tant'è che senza indugio si trasferirono sulla limitrofa collina del Patro. A metà della collina, sui terreni di Santa Maria delle Scale, posero immediatamente mano a costruirsi una nuova chiesa di S. Giovanni con l'abbandono totale e definitivo di quella preesistente. Ma gran parte della popolazione che abitava nel quartiere degli Archi non li seguirono.
Ai Sangiovannari la località scelta offriva illimitate possibilità  di sviluppo edilizio, con tutto l'altopiano alle spalle e la via verso il mare libera e aperta ai traffici commerciali. Ai Sangiorgiari, invece, rimase la sola prospettiva di ricostruire sul colle quello che il terremoto aveva distrutto, chiedendo una rotabile che consentisse di raggiungere gli spazi inedificati sulla collina. Così, il Consiglio Comunale, nel 1884, considerando anche il peggiorare della situazione igienica, diede incarico alla giunta di compilare un progetto, che fu affidato all'ing. Filadelfo Fichera di Catania. Questi ebbe anche l'incarico di sistemare Piazza Duomo.


IL PROGETTO 
Palazzo Arezzi Pollara
prima del taglio
L'Ing. Fichera esordisce dicendo che Ragusa Inferiore, essendo sovraffollata, ha bisogno di altre abitazioni e che il pezzo di terra sulla collina e adiacenze pare il più adatto.
Il luogo, costituito dall'orto demaniale, da quello ad esso confinante del can. Cosentini e da tutto il versante ovest della collina non era stato fabbricato per la presenza dei ruderi del castello, per il dislivello con l'abitato sottostante, e per la  mancanza di strade di accesso. I ruderi del castello si trovavano all'interno dell'orto demaniale.
Dopo 20 anni di burocrazia e il susseguirsi di diverse amministrazioni, si arrivò alla decisione, nel 1901, di iniziare i lavori con l'apertura di una nuova strada che partiva da Piazza Duomo. 
Strano destino per quello che possiamo chiamare il "Palazzo dei Santi" (Palazzo Arezzi Pollara). Apparteneva prima del terremoto alla famiglia Tomasi e vi nacquero Carlo e Giulio, il primo oggi è Santo (il suo corpo si trova a Roma), il secondo si fece prete. Fu venduto al barone Campulo (un veneziano che sposò una Arezzo e fondò il convento di Santa Maria di Gesù). Nel terremoto perirono quasi tutti, tranne un Arezzo che ricostruirà il palazzo. In esso vi nacque la Beata Maria Schininà, figlia di Giambattista Schininà di S. Elia e di Rosalia Arezzi di S. Filippo delle Colonne. Quest'ultima al momento del parto, tornò nella casa paterna per partorire, come era uso di quei tempi. Rosalia era figlia di Vincenzo Arezzi Grimaldi e di Emanuela Arezzo Paternò Castello. La Beata è quindi iblea di nascita ma "bipartisan" di discendenza.
Nel 1903 il Consiglio comunale diede mandato all'Ing. Vaccarisi di Catania di completare il progetto tagliando la casa Arezzi Pollara dal portone principale.
Resti delle mura del castello
Il castello feudale sembra esistesse anteriormente ai Normanni e difatti la fortezza resistette all'invasione araba più a lungo delle altre città siciliane. Sulla collina vi erano un torrione centrale con vari edifici racchiusi entro possenti mura; questo complesso di costruzioni era attorniato da difese e fortificazioni periferiche che arrivavano all'attuale piazza della Repubblica; le fondamenta del campanile della Chiesa del Purgatorio e una parte del lato destro della Salita dell'Orologio sono formate da grandi massi che erano il basamento delle mura delle estreme fortificazioni. All'interno del cortile d'armi, dove oggi è la Chiesa di San Giorgio, vi era la parrocchia bizantina di San Nicola; la chiesa, gravemente danneggiata dal terremoto, fu demolita completamente per far posto all'attuale chiesa.
Anche il Palazzo dei Chiaramonte era situato all'interno di questa piazza d'armi.
Di questo castello, erano rimasti, resistendo alle spoliazioni secolari ed ai terremoti, due grossi muri, la cui sopravvivenza si protrasse indisturbata sino al primo decennio del secolo scorso.
Panorama con sulla sinistra la
carreggiata della strada appena
aperta dopo il completamento
del villino Arezzo e prima della
costruzione dell'edificio scolastico.
Il loro abbattimento fu dovuto a tre fattori concomitanti: la sovrappopolazione di Ibla, la presenta necessità di disporre di suoli edificabili, il mancato riconoscimento dei suoi resti quale irrinunciabile simbolo della storia della città.
Dopo lunghe lotte tra amministrazione, famiglie nobiliari e parenti, la carrabile diventa una realtà e nel 1910 il villino Arezzo Treffiletti, iniziato nel 1904, è stato completato e troneggia nella spianata dove non ci sono più le mura del castello. Sull'altura, dal lato opposto alla villa, vi è solo il casotto che ospita il serbatoio dell'acqua potabile.






L'EDIFICIO SCOLASTICO
Panorama con il Distretto Militare
Nella sessione di primavera del 1912, la prima per il nuovo sindaco Ottaviano, sorge la questione dell'area sulla quale edificare il nuovo edificio scolastico. Il Sindaco espone tutte le ragioni che consigliano di scegliere l'area edificabile esistente sull'altura del castello vecchio, escludendola per la costruzione del nuovo ospedale istituito dalla principessa Maria Paternò Arezzo, in quanto sarebbe stata prossima al casotto di distribuzione dell'acqua potabile proveniente dalla sorgente Misericordia. Così nel 1922 iniziò la costruzione dell'edificio. Ma non era destino che fosse l'edificio scolastico di Ragusa Ibla, perché mai fu adoperato come tale. Dell'edificio fu costruito solo il corpo centrale, e fu sistemato l'ampio cortile ad ovest. Fu attrezzato di tutto punto per ospitare le scuole elementari e l'asilo. Fu completato alla fine del 1926. L'anno successivo Ragusa divenne capoluogo di Provincia ed i due comuni (Ragusa Ibla e Ragusa Superiore) riuniti. Allora fu necessario avere un distretto militare per la circoscrizione di leva in quanto quello di Siracusa era riservato agli abitanti di quella provincia. Il Comune offrì l'edificio che doveva essere quello delle scuole, che divenne Distretto Militare e che funzionò fino agli anni '60.




IL PONTE AREZZI

Il palazzo puntellato dopo la demolizione
Ma restava ancora da completare l'ingresso da Piazza Duomo e il completamento del taglio di Palazzo Arezzi Pollara. Inizialmente era prevista una passerella per andare da un lato del palazzo all'altro, ma la maggiore delle sorelle Arezzi, Emanuela, non firma l'accordo col Comune e, dopo varie proposte e con l'intervento del prof. carlo Sada, progettista del Teatro Bellini di Catania, si arrivò alla conclusione di creare un sottopassaggio con la ricostruzione del primo piano del palazzo unendo i due tronconi.





Il sottopassaggio del Palazzo Arezzi Pollara





estratto da: A. Ottaviano, Ragusa Ibla: Il Castello Vecchio, Ragusa, 2003.